Giorgio, il cui sepolcro è a Lidda (Lod) presso Tel Aviv in Israele, venne onorato, almeno dal IV secolo, come martire di Cristo in ogni parte della Chiesa.
La tradizione popolare lo raffigura come il cavaliere che affronta il drago, simbolo della fede intrepida che trionfa sulla forza del maligno. La sua memoria è celebrata il 23 Aprile anche nei riti siro e bizantino.
Se di S. Giorgio possedessimo solo gli Atti del martirio e più esattamente la sua Passione (considerata apocrifa già dal Decreto Gelasiano del secolo VI), potremmo perfino dubitare della sua esistenza storica. Tuttavia non si può cancellare con un tratto di penna una tradizione così universale: la Chiesa d'Oriente lo chiama "il grande martire" (megalo-martire) e ogni calendario cristiano l'ha incluso nell'elenco dei santi.
S. Giorgio, oltre ad avere dato il nome a città e a paesi, è stato proclamato patrono di città come Genova, di intere regioni spagnole, del Portogallo, della Lituania e dell'Inghilterra,con la solenne conferma per quest'ultima, di papa Benedetto XIV. Questo culto straordinario ha origini molto antiche giacché il suo sepolcro a Lidda, in Palestina, dove il martire venne decapitato all'inizio del IV secolo, era meta di pellegrini già all'epoca delle crociate, quando il sultano Saladino vi fece abbattere la chiesa eretta in suo onore.
L'immagine, a tutti nota, del coraggioso cavaliere che lotta contro il drago, diffusasi verso la fine del medioevo, trae origine dalla leggenda creatasi attorno a questo martire e riferita in vari modi dalle molte Passioni. Narra tale leggenda che un orribile drago uscisse di tanto in tanto dal fondo di un lago e si appressasse alle mura della città recandovi la morte col suo pestifero alito. Per tenere lontano tanto flagello, le popolazioni del luogo offrivano al mostro giovani vittime, estratte a sorte. Un giorno toccò alla figlia del re offrirsi in pasto al drago. Il monarca, che nulla poté fare per evitare questa orribile sorte alla tenera figliola, l'accompagnò in lacrime alle rive del lago.
La principessa pareva irrimediabilmente votata all'atroce fine, quando in suo aiuto accorse un coraggioso cavaliere proveniente dalla Cappadocia, Giorgio appunto. Il prode guerriero sguainò la sua spada e ridusse il terrificante drago come un mite agnellino, che la giovanetta portò al guinzaglio dentro le mura della città, ormai inoffensivo, tra lo stupore di tutti gli abitanti che si serravano in casa spaventati.
Il misterioso cavaliere li rassicurò, gridando loro di essere venuto a vincere il drago in nome di Cristo, perché si convertissero e fossero battezzati. Anche la gloriosa fine di questo martire ha lo stesso sapore di leggenda. Condannato a morte per aver rinnegato gli dei dell'impero, i carnefici sperimentarono sul suo corpo i più atroci tormenti. Pareva fatto di ferro. Di fronte al suo invitto coraggio e alla sua fede si convertì la stessa moglie dell'imperatore.
Molti cristiani, pavidi di fronte alle minacce dei carnefici, trovarono la forza di rendere testimonianza a Cristo con l'estremo olocausto della loro vita. Infine anche S. Giorgio piegò la testa sulla colonna e una spada tagliente pose fine alla sua ancor giovane vita.