Andiamo oltre il rigido protocollo che la riapertura delle chiese impone per la nostra sicurezza.
Sciogliamoci un po’! Si perché la paura che ci rimane dentro rischia di farci tornare alle Messe ingessati e timorosi facendoci perdere la bellezza del ritorno e dell’incontro.
Scrive infatti Mons. Fausto Gilardi responsabile della Pastorale liturgia della nostra Diocesi: “La nostalgia del trovarci insieme a celebrare la cena del Signore, che tanti tra noi hanno avvertito in queste settimane, può aprirci a riscoprire il dono del Pane e della Comunità che ci fanno essere Chiesa che risponde alla chiamata del Signore. È stata bruscamente interrotta un’abitudine, può rinascere una motivazione più convinta sostenuta da un desiderio grande. «Andiamo a Messa», come siamo soliti dire, non per rispondere distrattamente a una consuetudine, ma perché avvertiamo forte e sincero il desiderio di incontrare il Signore, di celebrare il Suo Amore insieme ai fratelli che sono parte viva della nostra umanità”.
Ciò che mi tiene in apprensione all’idea della ripresa è proprio quanto scrive ancora mons. Fausto Gilardi: “Torneremo nelle nostre chiese notando qualche posto vuoto. Lì era solito sedersi un nostro familiare, un nostro amico che ora siede alla mensa del Regno. Il ricordo ci aiuterà a vivere, nella speranza, la comunione con quanti i nostri occhi non vedono più. Questo stesso ricordo risveglierà in noi il senso del limite e il ricordo che l’esistenza terrena è un pellegrinaggio verso quel posto che il Signore Gesù ha preparato per i suoi discepoli. Se questo sarà il nostro atteggiamento, potremo dire: nulla è come prima”.
Ciò dunque che mi stringe il cuore non è il vuoto delle sedie distanziate per garantire sicurezza, ma non vedere più le persone che hanno frequentato la nostra chiesa e che non abbiamo potuto salutare in modo conveniente e con l’affetto della comunità.