L’apertura del Sinodo (assemblea) della Chiesa universale che si concluderà nel 2023 ha dato occasione a Papa Francesco di ribadire che è ormai giunto il tempo di cambiare linguaggio. La Chiesa deve imparare la lingua dei suoi figli.
Il cambiamento d’epoca, che come credenti siamo chiamati a vivere, chiede di superare il linguaggio che fu delle generazioni che ci hanno preceduto. Molte attività del passato sembrano cose da museo che si conservano gelosamente ma che non parlano più agli uomini e alle donne del nostro tempo e tanto meno ai giovani. La Chiesa viene vista spesso come una cosa del passato che non parla più al cuore degli uomini.
I due anni del Sinodo serviranno non tanto a fare un’altra Chiesa, ma una Chiesa diversa. Una Chiesa che sappia parlare la lingua dei figli e in quella lingua raccontare la bellezza che il Vangelo custodisce per il bene di ogni uomo. Papa Francesco si auspica che questo Sinodo sia un evento di grazia e non una “convention” ecclesiale o un “congresso” di partito. Nel grande sforzo di ripensare sè stessa, dal 17 ottobre, saranno coinvolte le Diocesi del mondo e le Parrocchie.
Da tempo si avverte l’inadeguatezza del linguaggio ecclesiale, così come da tempo assistiamo al calo progressivo dei Sacerdoti e anche dei fedeli. Occorre lasciarsi interpellare da questa realtà senza lasciarsi andare al lamento improduttivo, ma cercando soluzioni nuove per una Chiesa che finalmente diventa meno clericale e più laicale.
Ci riusciremo? Non lo so! Ma almeno ci proveremo.