È ormai evidente che la Chiesa attraversi un periodo di crisi.
L’attuale situazione del sistema ecclesiale occidentale lo evidenzia in modo drammatico. I meccanismi che governano l’azione pastorale della Chiesa appaiono spesso irrigiditi se non addirittura controproducenti. L’irrilevanza dell’esperienza cristiana delle nuove generazioni e la crescente disaffezione degli adulti verso una matura partecipazione alla vita ecclesiale e pastorale della Chiesa è talmente evidente che non basta la retorica del rimando a tempi passati per consolarci.
Qualche volta serve fare un passo indietro per capire cosa non ha funzionato, cosa ha portato i credenti ad essere sempre meno praticanti e qualche volta i praticanti ad essere poco credenti. A una analisi attenta a ciò che non ha funzionato, appare chiaro che la causa non sono state le proposte pastorali che la chiesa ha messo in atto per la trasmissione della fede e per il consolidamento delle comunità parrocchiali, ma in ultima analisi è perché si è dissolto il cuore stesso della religione cristiana: Gesù. “È Gesù che l’uomo, la donna, le famiglie, i vari gruppi che abitano gli scenari contemporanei postmoderni aspettano dalla comunità cristiana e lo aspettano perché ne hanno bisogno per la loro vita”. (Armando Matteo. Pastorale 4.0)
Se proprio dobbiamo fare un passo indietro non è per rimpiangere tempi che non ci sono più, ma solo per tornare a Gesù. Non ci spaventi la complessità della sfida. Gesù nel giorno della Pentecoste ha affidato a uomini insicuri, timorosi, col peso di averlo abbandonato proprio nella tragica esperienza della croce, il compito, con l’aiuto e la forza dello Spirito, di portare l’annuncio del Vangelo e di contagiare chiunque con la testimonianza convinta e gioiosa dell’appartenenza alla Chiesa.