“Cari fratelli e sorelle indigeni, sono venuto pellegrino per dirvi quanto siete preziosi per me e per la Chiesa. Desidero che la chiesa sia intrecciata a voi, come stretti e uniti sono i fili delle fasce colorate che tanti di voi indossano. Il signore ci aiuti ad andare avanti nel processo di guarigione, verso un avvenire sempre più risanato e rinnovato”.
Ancora una volta il Papa, in un contesto dal passato difficile come quello avvenuto in Canda, rinnova la richiesta di perdono per quanto fatto dalla Chiesa nella stagione delle scuole cattoliche con l’obiettivo di sradicare i nativi canadesi per costringerli ad adeguarsi alle nuove presenze colonizzatrici.
“Avverto il peso del fallimento davanti al male sofferto dagli indigeni” ha detto ancora Papa Francesco. Il cammino di riconciliazione non sarà facile. Quelle ferite sono tanto profonde che hanno allontanato molti “indigeni”, i nativi, dalla Chiesa. Ci auguriamo tutti che la visita di Francesco serva a cambiare le cose, ma ci vorrà tempo e soprattutto riconoscere che il passato della chiesa non si può cancellare perché le ferite e il male fatto è ancora vivo nella memoria di tanti nativi. Ancora una volta mi stupisco della capacità di questo uomo, Francesco, di non nascondere il male fatto, ma di riconoscerlo per intraprendere un nuovo cammino di riconciliazione.
Solo riconoscendo il male che ha fatto soffrire intere generazioni è possibile ricominciare a ricostruire una presenza di Chiesa più evangelica e meno compromessa con il potere.