Nella stalla di Betlemme, come ce lo raccontano i nostri presepi, a scaldare la notte dal freddo inverno c’erano sicuramente un asino e forse anche un bue insieme a tante pecore.
Quel bimbo, che è nato pure in una situazione anomala, ha trovare calore dalla mamma Maria e dal papà Giuseppe che si sarà adoperato perché il freddo fosse meno pungente con qualche mantello in più e sicuramente dal calore della stalla.
Meno fortunata è stata “Sila” la bambina che la notte di Natale nel campo a sud di Gaza è morta di freddo.
In quel campo le tende sono esposte alle intemperie e in questo inverno la temperatura è scesa anche sotto lo zero. Sila nata all’inizio di dicembre non riusciva a scaldarsi. Il padre l’ha avvolta in una coperta ma lei continuava a tremare. La madre ha provato a scaldarla con il proprio corpo ma anche la sua pelle era gelida. Ha pianto tanto Silla. Poi ha smesso non aveva più la forza neanche di piangere. Inutile la corsa, a piedi, all’ospedale di Khan Yunis a sud di Gaza, ma i medici non hanno potuto rianimarla.
Non riesco a togliermi dalla mente questo papà che tiene in braccio, avvolta in un piccolo fagottino la sua bambina morta. Gli abitanti di Gaza sono rassegnati al peggio. Ma in quel momento il “peggio” era la sua bambina morta. Intanto penso ai tanti bambini dei nostri presepi in un clima di calore umano di un papà e di una mamma che alla necessità avrebbe potuto riscaldare il suo piccolo Gesù con calore della sua pelle. Silla è una parola greca che vuol dire “nostalgia”.
Quante devono averne gli abitanti e i papà e le mamme della striscia di Gaza.