Pare che ora sia salvo, potremo celebrare le S. Messe pur con qualche cambiamento d’orario e non sarà certo questo a cambiare tutta la magia di una liturgia cha trasmette il suo fascino non legato certo all’orario, ma all’annuncio che porta al mondo.
È salvo il Natale?
Sembra di si! E invece credo che mentre possiamo essere soddisfatti per la possibilità di garantire le celebrazioni delle Messe non possiamo dire lo stesso per i limiti imposti agli spostamenti. L’alto numero di morti degli ultimi giorni forse giustifica i rischi a cui siamo esposti e possiamo anche capire che l’urgenza di evitare una terza ondata di diffusione del virus, che continua a tessere la sua ragnatela fino a diventare inarrestabile, ha imposto norme molto rigide fino a farci sentire un po’ come “agli arresti domiciliari”.
Ogni provvedimento che si prende ha sempre una doppia valenza: evitare il contagio per tutte le attività che, se pur dolorosamente costrette a farlo, non sono così essenziali per la vita e la socialità. Ma ci sono aspetti che non si possono trascurare come quelli della solitudine di tanti anziani e di persone fragili e malate che non potranno essere raggiunti dai loro famigliari magari a pochi chilometri di distanza. Come conciliare l’insofferenza di chi protesta perché non potrà sciare sulla neve, con il dolore di chi anziano, solo, malato non potrà vedere i famigliari, i figli, i nipoti?
Capisco la fatica di chi deve prendere decisioni! Per me la vera sofferenza del Natale 2020 non sarà la mancanza della Messa della mezzanotte, ma la sofferenza nascosta di tante persone fragili e vulnerabili che non potranno godere della compagnia di chi può alleviare la loro solitudine e la loro attesa oltre la porta di una casa con non si aprirà perché nessuno verrà ad aprirla.