Torna ogni anno, nella quarta domenica di gennaio, la Festa della Santa Famiglia di Nazaret. Uno squarcio contemplativo sulla vita apparentemente insignificante degli anni vissuti a Nazaret da Gesù prima della vita pubblica dai trent’anni in poi. Poco si parla di quel periodo se non per quell’incidente di percorso quando Gesù rimane a Gerusalemme all’età di circa dodici anni all’insaputa dei genitori.
Il silenzio di Nazaret può aiutarci a dare il giusto valore al tempo magari rinunciando a quella irrefrenabile voglia di essere dappertutto e dalla voglia di fare tutto. Quanto abbiamo bisogno in concreto di non affannarsi nel moltiplicare incontri, iniziative, appuntamenti, riempiendo l’agenda di ciascuno, per «contrastare le molte insidie, distrazioni, tentazioni che aggrediscono uomini e donne, giovani, adolescenti, ragazzi e bambini con continue sollecitazioni a consumare, a dipendere dall’eccitazione, a disperdersi in curiosità, capricci, intemperanze.
La sollecitudine educativa induce a pensare che se non offriamo continue proposte attraenti, i “nostri ragazzi” saranno attratti da chi li vuole sedurre e strumentalizzare. Se c’è un vuoto, qualcuno lo riempirà. È meglio che lo riempiamo con proposte costruttive noi che abbiamo a cuore il bene dei figli» (Mario Delpini Vescovo). È un dato di fatto, se il tempo che dedichiamo alla famiglia e ai figli è un tempo vorticoso pieno di cose da fare ma senza contenuto e senza attenzione alla relazione buona, quel vuoto lo riempirà qualcun altro e non sempre per il bene.