Abbiamo certamente bisogno di fare riflessioni approfondite per capire dopo quattordici anni se la nostra comunità pastorale ha raggiunto gli obiettivi per la quale era stata costituita.
Voleva proporsi come una comunità dove vivere meglio la comunione ecclesiale e contemporaneamente essere più aperta alla missione. Mi viene da dire che molto lavoro è stato fatto e molto si dovrà fare ancora.
Quattordici anni sembrano tanti, ma noi sappiamo che per creare una nuova dimensione di Chiesa ci vorrà molto di più con laici e preti che non si lascino scoraggiare dagli insuccessi, e sono tanti, così come da ogni semplificazione. Costruire una comunità quando per secoli si è portato avanti un modello di parrocchia che oggi non risponde più alle esigenze della società dentro la quale è inserita la Chiesa, chiede una lungimiranza e nuova capacità di leggere il presente e di rispondere con nuovi modelli ecclesiali.
Per fortuna abbiamo un Papa che imprime ogni due per tre delle accelerazioni che non ci possono lasciare irrigiditi sui modelli di parrocchia ormai superati. Mi rendo conto che il lavoro che ci aspetta non è da poco, ma ci dobbiamo credere e soprattutto affinare una nuova strategia di lavoro. Del resto non possiamo pretendere di ottenere risultati diversi se continueremo a impostare una pastorale che ripropone le cose di sempre. Per ottenere risultati nuovi occorrono mezzi e soprattutto una mentalità nuova.
In questo momento occorre andare oltre la preoccupazione per come sarà il futuro della Chiesa, forse è giunto il tempo di cominciare a disegnare la Chiesa del futuro.
