Pare che siano un centinaio i bambini chiusi nella stiva di quel maledetto peschereccio colato a picco nel mar Egeo (Grecia). Era partito dalla Libia e nessuno lo voleva. I giornali riportano le testimonianze dei sopravvissuti che raccontano l’orrore.
Pare che il peschereccio sia affondato in seguito al tentativo di riportarlo al largo e forse una manovra azzardata abbia causato il naufragio. Voci, perché non ci sono certezze se non quello dei probabili morti circa 600, forse la tragedia più grave nel Mediterraneo. Ciò che rimane certo è il rimpallarsi delle responsabilità come spesso accade a seguito di tragedie di proporzioni incredibili. Proprio i naufraghi tratti in salvo hanno parlato delle piccole vittime intrappolate la sotto. E ora?
Forse ancora una volta a cercare di chi è la colpa. Purtroppo, queste tragedie non riescono ancora a muovere i governi europei alla ricerca di soluzioni. I respingimenti sono un fallimento. Hanno solo aumentato il numero dei morti non hanno ridotto gli arrivi. Perché una volta per tutte non si procede a quei “corridoi umanitari” che fino ad ora hanno garantito l’arrivo di migranti in sicurezza? Alcune organizzazioni umanitarie, vedi la Comunità sant’Egidio e Caritas, hanno dato prova che in questo modo si possono non solo evitare le vittime, ma anche regolare i flussi con sicurezza.
Ma fin che la politica, anche la nostra, continua a percorrere la strada dei respingimenti, tragedie come questa non sarà l’ultima.