Mi ha lasciato sconcertato la presa di posizione di Matteo Salvini per quanto ha detto don Luigi Ciotti a proposito della costruzione del ponte sullo stretto di Messina.
Don Luigi ha espresso una considerazione che è anche una preoccupazione per chi come lui da anni si batte per contrastare le mafie e per educare alla legalità con associazioni come “Libera” coinvolgendo migliaia di persone. La sua figura di prete lo mette in condizioni di fare valutazioni non campate per aria, ma di uno che si è “sporcato le mani” affrontando il mondo delle mafie non con teorie, ma esponendosi e rischiando la vita fino ad avere bisogno della scorta.
Più volte ha rischiato, oltre che di essere insultato e contrastato, di venire ucciso, eppure non si è fermato in nome del Vangelo. Don Luigi, che conosce bene le mafie, ha semplicemente detto che il ponte potrebbe avvicinare non solo due regioni, ma anche due mafie. Lo ha fatto perché conosce quel mondo purtroppo e lo ha fatto con coraggio come è nel suo stile.
L’intervento, inopportuno, di Salvini che ha invitato don Ciotti a lasciare l’Italia solo per avere espresso un timore più che fondato, e ne aveva il diritto e anche il dovere, per quel che sta facendo, più di ogni altro.
Forse qualcuno ha smarrito il senso della democrazia.
Come sacerdote posso solo esprimere il mio rammarico per un confratello, che ho avuto modo di conoscere in diverse circostanze, che anziché, essere apprezzato per il grande lavoro non solo di denuncia delle mafie, ma anche per quello più impegnativo della educazione alla legalità, coinvolgendo un gran numero di giovani, è forse uno dei pochi, non venga apprezzato.