I tempi della Chiesa sono segnati da occasioni preziose per ripensare e rilanciare il suo cammino.
Ottobre è notoriamente il tempo della Chiesa che ritrova la sua vocazione missionaria. Per tanti decenni abbiamo identificato la missione della Chiesa con i Missionari che partono per portare il Vangelo per le strade del mondo dove il Cristianesimo non è ancora conosciuto. È stato importante ma ora forse non basta più questa idea di missione.
È il popolo messianico, cioè la Chiesa intera, che è chiamata, nell’agonia della cristianità, a ridare voce al Vangelo di Gesù. Oggi sembriamo più inclini ad ascoltare il silenzio delle panche vuote delle chiese, in seguito all’esodo di molti praticanti, più che ascoltare la voce di Dio. Siamo più propensi a instaurare di nuovo spazi sacri nonostante essi siano disertati dalla gente. È una illusione sciocca la pretesa di riguadagnare gli spazi persi. È fatica sprecata la preoccupazione di tenere in piedi un apparato che non raggiunge più la gente. Non ci siamo ancora liberati da quell’immagine di Chiesa che ha ancora in dotazione una massiccia ricchezza e privilegi. Tutto ciò risulta sconveniente per la corsa della Parola.
Don Mario Antonelli un prete della nostra Diocesi ora destinato a svolgere il suo ministero a Roma dice che “L’andare della Chiesa missionaria è scandito dal vento dello spirito dell’altro e dal vento dello Spirito: sempre uscendo da tane e nidi, fiutando la dimora di Dio sui margini delle strade, nelle periferie, ai crocevia dell’esistere di tutti”. La Chiesa è chiamata oggi più mai a “piantare la propria tenda in mezzo alla condizione umana più ordinaria, incantevole e drammatica”. È proprio questo stare in mezzo alla condizione umana che rende possibile oggi dire Dio raccontando Gesù.
Per tornare all’ottobre mese missionario mi viene da dire che per essere Chiesa missionaria occorre ricostruire la Chiesa, non quella che non c’è più, ma quella che sa stare in mezzo alla gente.