Il 3 ottobre di dieci anni fa si consumava a poche decine centinaia di metri dall’isola di Lampedusa una delle tragedie peggiori del dramma migranti, 358 giovani vite spezzate quando la libertà e un futuro migliore sembravano a un passo. L’opinione pubblica ne fu scossa profondamente.
Era la prima volta che i naufragi assumevano dimensioni così catastrofiche e l’eco di quella tragedia toccò veramente il cuore e la sensibilità di tutti. Ora sono passati dieci anni e i drammi continuano fino a quello dell’inizio dell’anno dove a Cutro a pochi passi dalla salvezza il 25 febbraio quando morirono 180 migranti. Intanto il Mediterraneo si conferma la rotta più letale al mondo: dal 2013 ad oggi si stimano oltre 28.000 migranti e rifugiati che hanno perso la vita secondo le Nazioni Unite.
Martedì scorso 3 ottobre la tragedia di Lampedusa è stata ricordata da divere associazioni, mancava una rappresentanza del Governo, per non dimenticare che, quando parliamo di queste tragedie, parliamo di uomini e non di numeri.
La Caritas di Erba il 26 aprile 2015 organizzò una cammina silenziosa molto partecipata con partenza dalla Stazione di Erba pe concludersi sulla scalinata del Monumento del Terragni. Partecipò molta gente compresi i migranti che sono sul territorio. Tra le fiaccole disposte sulla scalinata era collocata una barca segno del naufragio. Ho ancora negli occhi il silenzio e l’emozione che si respirava tra i partecipanti. Il passare degli anni ha cancellato completamente l’aspetto emotivo, perché è stato spostato il tema migranti a scontro politico e a numeri che hanno spinto i governi a cercare soluzioni restrittive senza per altro ridurre gli arrivi e anche le tragedie in mare.
Don Zerai un sacerdote eritreo che tanto sta facendo per aiutare i profughi ha detto: “se è vero che il modo migliore per onorare i morti è salvare i vivi e rispettarne la libertà e la dignità, allora ha un senso ricordare la tragedia del 2013 con chi da anni costruisce muri e distrugge ponti ignorando il grido d’aiuto che sale dal sud del mondo”.
La memoria di queste tragedie non può essere cancellata né tradita e non deve vincere il cinismo.