Molto più di quanto non abbia fatto io domenica 3 marzo, parlando sul nostro informatore parrocchiale, dei preti che al sud sono esposti a intimidazioni e avvertimenti mafiosi. Sul quotidiano Avvenire e il settimanale Famiglia Cristiana sono apparsi due articoli proprio sull’argomento.
Mi soffermo sull’intervento di Avvenire di don Luigi Ciotti “prete antimafia” anche se lui non ama farsi chiamare così, fondatore di “Libera” e promotore di tante iniziative per educare i giovani alla legalità, Nel suo articolo mette in evidenza che non devono essere solo i Sacerdoti impegnati contro le mafie. Sono si i “preti di frontiera”, ma il problema vero è che deve essere la Chiesa intera impegnata a contrastare il crimine organizzato. Don Ciotti cita il Card Martini il quale affermava che “Missione della Chiesa è essere coscienza della società in cui vive e voce propositiva di valori più alti e spirituali”.
Tutti i cristiani sono chiamati a costruire un mondo migliore pur sapendo che dà fastidio parlare di Dio mentre ti impegni per la giustizia. Al crimine organizzato tornerebbe comodo una Chiesa relegata al culto e al sacro che non si interessi delle vicende della storia, della vita di un Paese. Don Ciotti legge nelle vicende, di questi preti e Vescovi minacciati, il frutto maturo di una Chiesa, quella di Calabria, che tre anni fa, grazie ai suoi Vescovi, cominciò a prende posizione contro il malaffare chiamando in causa la Chiesa locale.
Nella riflessione di don Ciotti avverto una provocazione: la Chiesa, quando è viva, quando educa, quando si pone con vivacità e intraprendenza nella sua opera di testimonianza diventa un argine a tutte forme malavitose.
La Chiesa deve abitare la storia e guai se si mette ai margini muta, impotente e impaurita.