I fedeli che partecipano alle Messe domenicali spesso mettono molta attenzione ai testi della Bibbia, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento e anche alle omelie dei sacerdoti. Sovente il loro giudizio oscilla tra l’ascolto attento alla Parola e qualche volta all’apprezzamento dei contenuti dell’Omelia del Celebrante. Quasi mai l’attenzione di chi partecipa alle Messe è posta ai testi delle preghiere che il Sacerdote, a nome dell’assemblea, eleva a Dio in Gesù.
Le preghiere sono una ricchezza che nel tempo si è andata via via arricchendosi di numero, ma soprattutto di contenuti.
Con la prima domenica di Avvento entra in vigore il nuovo Messale che si è arricchito di nuove preghiere spogliandosi di tutte quelle che avevano un linguaggio non più consono al nostro tempo. Guardo con tanto interesse al nuovo testo del Messale e confesso che, nonostante tanto scetticismo anche di una parte del Clero, ciò che mi aspetto è quello che il domenicano Timothy Radcliffe, ha scritto in una meditazione ai partecipanti al Sinodo che si è chiuso da poco a Roma: “La bellezza possiede una autorità che tocca la nostra libertà interiore, ed è per questo che essa apre per prima la porta della fede a molte persone”.
È proprio questo che mi aspetto dall’introduzione del nuovo Messale: la bellezza della preghiera e della preghiera corale della Liturgia. “Il Messale deve servire per la celebrazione liturgica, dice il nostro Vescovo Delpini, lo offro con l’umiltà di uno strumento che deve essere accolto dalle comunità con la persuasione che noi non siamo capaci di pregare, ma siamo introdotti alla familiarità con Dio per il dono dello Spirito di Gesù”.