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«Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria» (Mc 13,26)
Iniziamo il tempo liturgico dell’Avvento, durante il quale ci lasceremo guidare da San Paolo VI, Papa dal 1963 al 1978, il Papa del Concilio Vaticano II. Egli, che da Arcivescovo di Milano (1954-1963) in due occasioni (per l’Ordinazione Episcopale di Mons. Aristide Pirovano e per la Visita Pastorale) celebrò la S. Messa in Chiesa prepositurale, ci propone idealmente alcuni testi che ogni settimana ci aiutino a percorrere l’itinerario verso il Natale del Signore.
Il destino dell’uomo nella prospettiva cristiana
Noi siamo nel periodo liturgico che precede la celebrazione del Natale, cioè della venuta del Salvatore nel mondo, della Incarnazione del Verbo di Dio, di Colui che avrà nome Gesù il Cristo, il Messia; siamo nel periodo chiamato Avvento, che significa aspettativa, riparazione, desiderio, speranza dell’arrivo nel mondo di Colui verso il quale, per secoli ed in mezzo alle più tormentate esperienze, si è tesa l’ansia della salvezza. Cristo è venuto, sì; ma questa sua venuta, piena e felice sotto certi aspetti sostanziali, non è definitiva, non è l’ultima. Gesù verrà alla fine di questo mondo «a giudicare i vivi ed i morti». Un avvento escatologico, la «parusia», è ancora nelle attese del tempo e delle nostre anime. L’avvento che stiamo celebrando diventa, a sua volta, profetico e preparatorio. A che cosa? al desiderio di Cristo, all’amore di Cristo, all’estimazione giusta e saggia di questa vita presente, che tanto vale quanto ci guida e ci prepara per quella eterna e futura. Da ricordare sempre. (Dal discorso di San Paolo VI per l’udienza generale del 4 dicembre 1974)
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“Non distogliere lo sguardo dal povero” (Tobia 4,7)
Si celebra in questa ultima domenica dell’anno Liturgico la Giornata Diocesana della Caritas Ambrosiana, in concomitanza con la settima Giornata Mondiale dei Poveri istituita da Papa Francesco. Il motto di questa Giornata dei Poveri è ripreso dal libro di Tobia che, come scrive il Papa nel suo messaggio, “ci aiuta a cogliere l’essenza della nostra testimonianza”.
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“Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci” (Mt 13,47).
Gesù vede in una grande rete l’immagine più adatta per comunicare che cos’è il regno di Dio. È quella realtà misteriosa che è la verità e la vita stessa di Dio, che vengono a noi offerte. E Gesù è venuto a portarlo sulla terra; è l'intervento del Signore nella storia e nella vita di ciascuno di noi. Questa realtà del regno di Dio ha anche un volto visibile e concreto, la Chiesa; è una realtà che su questa terra cresce nella fede, nella speranza, nella carità, in attesa di realizzarsi definitivamente nella vita futura. Se questo è il regno di Dio, comprendiamo come sia essenziale farvi parte. È infatti la realtà più importante della nostra vita, tanto che una persona che ne fa parte ha tutto, anche se non avesse nient’altro; mentre chi deliberatamente rimane al di fuori non ha niente, anche se fosse padrone di tutto. “Che giova all’uomo possedere il mondo intero, se poi perde la sua vita?”, ci ripete Gesù.
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GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE «Cuori ardenti, piedi in cammino» (cfr Lc 24,13-35) DAL MESSAGGIO DEL PAPA
“Per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno ho scelto un tema che prende spunto dal racconto dei discepoli di Emmaus, nel Vangelo di Luca (cfr 24,13-35): «Cuori ardenti, piedi in cammino». Quei due discepoli erano confusi e delusi, ma l’incontro con Cristo nella Parola e nel Pane spezzato accese in loro l’entusiasmo per rimettersi in cammino verso Gerusalemme e annunciare che il Signore era veramente risorto. Nel racconto evangelico, cogliamo la trasformazione dei discepoli da alcune immagini suggestive: cuori ardenti per le Scritture spiegate da Gesù, occhi aperti nel riconoscerlo e, come culmine, piedi in cammino. Meditando su questi tre aspetti, che delineano l’itinerario dei discepoli missionari, possiamo rinnovare il nostro zelo per l’evangelizzazione nel mondo odierno.
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“Quanto è grande la casa di Dio, quanto è esteso il luogo del suo dominio! ... Manda la luce ed essa corre, l’ha chiamata, ed essa gli ha obbedito con tremore. Le stelle hanno brillato nei loro posti di guardia e hanno gioito.” (Bar 5,24-38).
Il Creatore di tutto ha fatto l’universo come un tempio della sua gloria. Ma se tutto il creato è la casa di Dio, perché costruire allora delle case a Dio, delle chiese? La risposta la troviamo nella caratteristica della natura umana, che non può fare a meno dei segni e dei mezzi. Abbiamo cioè bisogno di realtà visibili, che siano segni visibili di realtà ancora più grandi, che ci richiamino alle realtà eterne. Abbiamo bisogno di mezzi esteriori e visibili che ci aiutino vivere la vita dello Spirito. Ad esempio, un quadro che ritrae una persona che ci è cara, viva o defunta; non è la persona a cui siamo affezionati; eppure lo conserviamo con cura, perché è un segno della persona a cui siamo affezionati. Così è per la comunità cristiana; poiché essa è tempio dove abita lo Spirito Santo, non può fare a meno di luoghi, di chiese, di edifici per pregare Dio, per crescere nella fede, nella speranza, nella carità. Ecco perché dedichiamo a Dio le nostre chiese-edificio, a Lui che non ha bisogno di chiese o di case. Siamo noi ad averne bisogno.