
Domenica di Pasqua
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"Ho visto il Signore!” (Gv 20,18)
In questa domenica di Pasqua desidero raggiungere tutti con un augurio di speranza, anche se ciò che il mondo sta vivendo sembra mettere in dubbio la speranza; ma non c’è dubbio che possa fermarci, perché la nostra speranza si fonda su Cristo risorto.
Gesù risorto a Maria di Magdala ha detto “Va’ dai miei fratelli” (Gv 20,17), i discepoli. E Maria “andò ad annunciare ai discepoli: Ho visto il Signore!” (Gv 20,18). Ella cioè porta la buona notizia, il Vangelo, che il Signore è risorto.
Anche a noi è rivolto questo annuncio, che ci dona speranza, ci apre alla fiducia, ci invita a guardare avanti senza paura, quella paura da cui tante volte siamo minacciati, la paura del nostro futuro, la paura del venir meno delle nostre certezze, la paura delle malattie, la paura della perdita delle persone care.
In Gesù risorto troviamo la forza di reagire alla paura, di non rassegnarci, di credere nella vittoria del bene sul male. Gesù risorto, ci ripete: “voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia, io ho vinto il mondo” (Gv 16, 33). È l’augurio che rivolgo a tutta la Comunità, a cominciare dai piccoli e dalle persone sole e ammalate.
Mons. Angelo con i sacerdoti, le persone consacrate, i Consigli Pastorale e per gli Affari economici

Domenica delle palme
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La Domenica delle Palme conclude il cammino quaresimale e apre la Settimana Santa.
Questa domenica invita a riflettere sull’ultima condizione del sacramento della riconciliazione: la penitenza. La tradizione cristiana propone tre forme fondamentali di penitenza: digiuno, preghiera ed elemosina.
Il digiuno non è solo astensione dal cibo, ma esercizio di autocontrollo, utile a rafforzare la volontà anche nelle cose lecite. La preghiera è il contatto con Dio che sostiene la conversione. Non deve essere sporadica o abitudinaria, ma continua e vissuta con sincerità. L’elemosina, infine, è espressione concreta dell’amore verso il prossimo. Senza carità, digiuno e preghiera diventano vuoti formalismi.
Il gesto di Maria a Betania, che versa profumo prezioso sui piedi di Gesù, mostra il cuore della vera penitenza: un amore gratuito e smisurato. Imitando il suo esempio, il cristiano è chiamato a “sprecare” qualcosa per amore di Cristo, che ha donato tutto sé stesso per la nostra salvezza.

Quinta domenica di Quaresima
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Emblematico è l’episodio evangelico che caratterizza la quinta domenica della quaresima ambrosiana: il miracolo della risurrezione di Lazzaro. Questo episodio infatti è sempre stato interpretato nella tradizione della Chiesa anche come immagine del passaggio da una situazione di morte (il peccato), a una situazione di vita (il perdono).
Gesù concede il perdono, a Lui sta a cuore il nostro futuro. Nessun peccato deve diventare una catena che imbriglia la vita e le impedisce di rifiorire.
Il perdono che Gesù offre in nome di Dio diventa l’apertura di uno spazio di libertà e novità. Ed è un perdono che viene prima di qualsiasi passo il peccatore possa fare per meritarselo.

Quarta domenica di Quaresima
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Gesù sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» - che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva (Gv 9,6-7).
Nella cultura ebraica del tempo c’era l’idea che ogni malattia fosse strettamente collegata con il peccato: quanto più grave era una malattia, tanto più grave doveva essere il peccato commesso. Il riferimento è al celebre brano evangelico della guarigione del cieco nato e che la liturgia ambrosiana ci propone proprio nella quarta domenica di quaresima. «Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». (Gv 9,2). Eppure non sono i farisei a porre questo problema, sono gli apostoli, che condividevano però questa mentalità. Un modo di ragionare molto crudele. E quando il cieco, ormai guarito dal miracolo, si schiera apertamente dalla parte del Signore Gesù, i farisei lo cacciano via in malo modo adducendo proprio questa motivazione: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». Mentre Gesù, con il suo comportamento e la sua misericordia nei confronti dei peccatori, non considera nessuno irrecuperabile, i farisei con il loro modo gretto di ragionare, “congelano”, per così dire, nel male la situazione morale di chi non è dalla loro parte, considerandolo inevitabilmente e irrimediabilmente un peccato-re.

Terza domenica di Quaresima
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«Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8, 31‐32)
La Parola di Dio che la tradizione ambrosiana ci comunica nella terza domenica di quaresima ci ha indicato con chiarezza che ogni nostro peccato, indipendentemente dall’atto commesso, ha sempre alcune caratteristiche costanti. Innanzitutto è atto di ostinazione contro Dio, è essere gente di “dura cervice” o “dal cuore duro". E' poi atto di idolatria: è il tentativo di sostituire Dio, nostro sommo bene, con qualcos'altro.
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