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Ultima domenica dopo l'Epifania
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“Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto»” (Lc 19,8-10).
L’incontro con Gesù cambia il dopo di Zaccheo. Il dono, il perdono, conduce alla risposta del dono, del perdono. Da dono nasce dono, dal perdono viene il perdono. Zaccheo donerà ciò che ha, perché ha sperimentato la misericordia e il perdono. Anche a noi è chiesto di rendere il perdono che abbiamo ricevuto. Renderlo significa anzitutto uscire da noi stessi, abbandonare il nostro egoismo, le nostre vedute che hanno come panorama solo noi stessi e i nostri interessi. Se rimaniamo chiusi in noi stessi, come possiamo incontrare il Signore Gesù, sperimentare la gioia dell’incontro con lui che si fa perdono e diffondere attorno a noi altrettanto perdono? Anche oggi Gesù, come allora a Gerico, cammina per le strade del mondo, questo nostro mondo lacerato dal male, dall’odio, dalla guerra. Ogni persona può incontrarlo, come Zaccheo.
Penultima domenica dopo l'Epifania
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Mentre stava a tavola in casa di lui [Levi], anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mc 2,15-17).
Gesù, proprio perché si fa vicino ad ogni persona, si siede a tavola nella casa di Matteo, condividendo con lui, con i discepoli e con altri, tra i quali molti pubblicani e peccatori, un momento di amicizia. I farisei non rimangono zitti; hanno da ridire su questo fatto, domandando ai discepoli come mai il loro maestro mangia con simili persone. Perché Gesù agisce così? Perché Egli vuol far comprendere che cosa è venuto a compiere, qual è la sua missione: rivelare l’infinita misericordia di Dio, la sua clemenza, il suo amore, e far conoscere la sua predilezione per i più lontani e i più bisognosi di perdono. In concreto, per un cristiano oggi, ciò vuol dire accogliere: come Gesù dobbiamo cercare il dialogo e l’accoglienza verso tutti; dobbiamo anche evitare di giudicare le persone e di condannarle. Nasce così un rapporto personale. Alla fine Gesù ci inviterà alla “sua cena” dove ci darà se stesso, come cibo e bevanda di salvezza.
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Sesta domenica dopo l'Epifania
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1700 ANNI DALLA CELEBRAZIONE DEL CONCILIO DI NICEA
Durante il Giubileo cadrà una ricorrenza molto significativa per tutti i cristiani. Si compiranno, infatti, 1700 anni dalla celebrazione del primo grande Concilio ecumenico, quello di Nicea. [..] Nei primi secoli della fede i Sinodi si moltiplicarono sia nell’Oriente sia nell’Occidente cristiano, mostrando quanto fosse importante custodire l’unità del Popolo di Dio e l’annuncio fedele del Vangelo. [..] L’Anno giubilare potrà essere un’opportunità importante per dare concretezza a questa forma sinodale, che la comunità cristiana avverte oggi come espressione sempre più necessaria per meglio corrispondere all’urgenza dell’evangelizzazione: tutti i battezzati, ognuno con il proprio carisma e ministero, corresponsabili affinché molteplici segni di speranza testimonino la presenza di Dio nel mondo.
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Quinta domenica dopo l'Epifania
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33^ GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
«La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5)
Peguy amava definire la speranza una virtù «bambina». La speranza è anzitutto un esercizio nascosto nel cuore, semplice come una bambina e insieme desiderosa di vita. Essa permette ad ogni persona di guardare al proprio futuro con desiderio di guarigione, di positività e rinnovamento. [..] La Giornata Mondiale del Malato intende riproporre a tutti i credenti la forza della speranza nel mistero pasquale di Gesù Cristo.
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Festa della presentazione del Signore
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Simeone, “mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio” (Lc 2,27-28).
“Trasmettere la vita speranza per il mondo”, è il titolo del Messaggio che il Consiglio Permanente della CEI ci affida per la 47ª Giornata per la Vita. Il brano biblico che ha ispirato i vescovi è tratto dal libro della Sapienza: Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita (Sap 11, 26).
La speranza si nutre di fecondità ed è per natura sua generativa. Così siamo chiamati a operare per rimuovere tutti quegli ostacoli che impediscono un’apertura generosa alla vita, a tutte le vite.
In quest’avventura possiamo confidare nell’alleanza con un Dio che si presenta come amante della vita, che si fa carico di ogni fragilità, che accorci ogni distanza.