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Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti” (Fil 4,4)
Sono le parole di Paolo della lettera ai Filippesi. In questa stessa lettera c’è il motivo di questa gioia spirituale profonda: Gesù, “pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,6-7). Con l’Incarnazione Gesù è uomo fino in fondo. La storia umana è storia della salvezza perché conduce a Lui. Attraverso la Vergine Maria, Gesù ha assunto la nostra umanità, è entrato nella nostra storia, incarnandosi nel grembo di una donna.
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Venne ad abitare in mezzo “a noi”: la dinamica dell’incontro si fa ancora più specifica, nella sua accezione plurale. Ogni gesto della fede ci apre ad una dimensione più grande del nostro io, che si concretizza nello sguardo ai più vicini, alla nostra comunità di fede e di vita, fino a chi è affidato alla solidarietà dell’umanità intera. La figura di Giovanni Battista mette in luce il rapporto con il Messia, su cui fondiamo la nostra vita comunitaria. Questo “noi” diventa espressione sintetica di altre accezioni più complesse: “creare legami”, “mettere insieme”, “non vivere più per sé stessi”, “coltivare relazioni”, “intrecciare rapporti di bontà”. Il rischio è quello di far restare tutto questo un buon proposito, che si scontra con la nostra incapacità di fidarci, cioè di avere fede.
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Venne ad abitare “In mezzo” a noi: Gesù non trova dimora solo nella singolarità intima della mia fede, ma si consegna al respiro più ampio della comunità. Ci chiede di uscire dai nostri personalismi, per accogliere, con lui, le provocazioni dell’altro, a volte sostenibili, a volte preziose, a volte incomprensibili. La pagina evangelica dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme è invito all’incontro salvifico con Cristo che fa il suo ingresso nella storia umana.
Non è facile configurare delle situazioni che ci fanno comprendere a pieno il senso di questa collocazione. “In mezzo” può essere una porta aperta, un arco in un muro, segno di comunicazione tra due realtà vicine ma non apparentemente in collegamento. Ma ha anche un’accezione negativa, quando qualcosa o qualcuno si pone come ostacolo per segnare una distanza o generare fastidio.
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Venne “Ad abitare” in mezzo a noi: il Verbo di Dio ha preso casa in mezzo a noi. Pensiamo alle nostre case, il luogo dove, più di ogni altro, la fede vissuta “prende carne”, dove sono custoditi i desideri di bene di ciascuno, a partire dai più piccoli e fragili. Giovanni il Precursore ci aiuta a recuperare il tema dell’adempimento delle antiche profezie e a sentirci parte di una storia che va oltre noi. Le nostre case diventano il luogo accogliente per un Dono, diverso dagli altri perché completamente gratuito: non obbliga nemmeno al sentimento arido della riconoscenza obbligata (“mi ha fatto un regalo, devo fargli un regalo”), ma chiede piuttosto di assumere la medesima capacità di dare senza chiedere nulla.