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“Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi” (At 2,3-4).
“Lo Spirito dono di Gesù, il Crocifisso risorto, coinvolge in un ardore che rinnova la vita, che risveglia energie, che dilata gli orizzonti. Sentiamo l’urgenza, il bisogno di celebrare la Pentecoste: invochiamo il dono dello Spirito perché ci spinga a uscire dalla chiusura delle nostre paure, delle nostre pigrizie, delle nostre incertezze. Questi mesi di pandemia ci hanno trattenuto, hanno causato smarrimenti e fragilità, ci hanno messo a confronto con tristezze troppo laceranti, con morti troppo dure, con domande troppo inquietanti. Il superamento dell’epidemia da Covid-19 non sarà solo l’esito di un vaccino, ma una guarigione delle ferite più profonde che il contagio ha generato”.
(Mons. Mario Delpini, Lettera per il tempo dopo Pentecoste. Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra. Il mistero della Pentecoste)
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Gesù, “mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo” (Lc 24,51)
“I discepoli tornano a Gerusalemme con grande gioia. Si sono separati da Gesù con grande tristezza e angoscia, quando Gesù è stato consegnato nelle mani degli uomini per essere crocifisso. Ora sono pieni di gioia, perché non sono separati da Gesù, ma sono resi partecipi di un altro modo di intendere la presenza, un altro modo di contare i giorni, un altro modo di abitare la terra. Il tempo e lo spazio non sono più principio di separazione, per cui quello che è qui non può essere là, quello che è in terra non può essere in cielo e neppure quello che era in passato non può essere presente e neppure futuro. Il tempo e lo spazio sono abitati dalla gloria del Risorto: l’Ascensione non decreta una assenza, ma il modo glorioso di essere presente, la promessa del ritorno non decreta un tempo senza Gesù, ma il modo glorioso di vivere il presente come occasione di grazia, come grazia di comunione”
(Mons. Mario Delpini, Omelia per la solennità dell’Ascensione, 13 maggio 2021).
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“Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me” (1Cor 15,10).
San Paolo riconosce l’opera compiuta da Dio in lui. Tutto è grazia! Nulla può fermare l’azione apostolica di Paolo, perché egli ha incontrato Gesù che gli ha rivelato la sua missione. E con la forza della grazia Paolo adempie fedelmente la sua missione. La grazia di Dio opera in ciascuno di noi; ma occorre anche la risposta, frutto della nostra libertà; è risposta al suo progetto d’amore sulla nostra vita, è accoglienza della sua Parola. Ogni cristiano è chiamato a rivivere l’incontro con il Signore nella propria vita e a testimoniarlo nell’esistenza quotidiana, nel rapporto con gli altri e nel modo di vivere.
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“Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi” (Gv 17,9).
Al centro della preghiera di Gesù c’è la preoccupazione per l’unità. Una comunità, se vuole essere autentica, non può non essere unita. Qual è la ragione dell’unità della Chiesa? È la comunione del Padre con il Figlio nello Spirito Santo. La comunità dei discepoli del Signore deve vivere nell’amore perché Dio è amore. Nella comunità dei discepoli del Signore deve regnare la comunione, perché Dio è comunione; deve vivere nella dimensione del dono, perché Dio è dono. Quando siamo divisi tra noi, non dimentichiamo mai la preghiera di Gesù per l’unità e la necessità di mostrare questa unità nel nostro vivere da cristiani: “Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi” (Gv 17,11b).
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GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI
“Dio vede il cuore (cfr 1 Sam 16,7) e in San Giuseppe ha riconosciuto un cuore di padre, capace di dare e generare vita nella quotidianità. A questo tendono le vocazioni: a generare e rigenerare vite ogni giorno. Il Signore desidera plasmare cuori di padri, cuori di madri: cuori aperti, capaci di grandi slanci, generosi nel donarsi, compassionevoli nel consolare le angosce e saldi per rafforzare le speranze. Di questo hanno bisogno il sacerdozio e la vita consacrata, oggi in modo particolare, in tempi segnati da fragilità e sofferenze dovute anche alla pandemia, che ha originato incertezze e paure circa il futuro e il senso stesso della vita. San Giuseppe ci viene incontro con la sua mitezza, da Santo della porta accanto; al contempo la sua forte testimonianza può orientarci nel cammino” (Papa Francesco, dal messaggio per la 58.a Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni).