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“Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui” (Gv 11,45).
La risurrezione di Lazzaro è un segno, un avvenimento carico di significato, che rivela qualcosa di importante. Al centro di questa rivelazione non c’è Lazzaro, come magari ci si aspetterebbe, ma c’è Gesù. Egli appare anzitutto come colui che chiama alla fede. È la fede che Gesù provoca, dona, esige; la fede che è necessaria per comprendere le opere di Dio, la sua gloria. È la fede in Gesù Salvatore; è la fede che passa per il Sacramento del Battesimo, che ci rende partecipi della vita di Gesù. Gesù infatti ci appare non solo come colui che chiama alla fede, ma anche come colui che dona la vita. Gesù con la sua morte diventa la vita del mondo. La risurrezione di Lazzaro è simbolo di questa realtà. Il donare la vita a Lazzaro è il segno del suo amore. E il culmine di questo amore è nella Pasqua, dove Gesù dà la vita per noi.

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"Passando, il Signore Gesù vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio»” (Gv 9, 1-3).
Lo sguardo di Gesù giunge al cuore delle persone; si intreccia con i nostri desideri e le necessità più profonde. È uno sguardo libero da pregiudizi, uno sguardo che consola e salva. Non importa in quale condizione ci si trovi. Non importa se siamo o no capaci di fare una domanda nei suoi confronti o di manifestare un sentimento per Lui. Infatti, nel caso del cieco, non c’è una parola, un lamento, un’invocazione che lo conduca a Gesù. E invece Gesù passando lo vede, decidendo così di riportarlo alla luce della salvezza: “finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo”. Gesù manifesta il desiderio di Dio di venirci incontro, donandoci misericordia e consolazione. Il segreto di Dio sta proprio nel suo amore, che ci previene.

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“Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi»”. (Gv 8,31-32).
La verità vi farà liberi: per comprendere bene quest’affermazione di Gesù, ci possiamo aiutare pensando agli opposti di verità e libertà. L’opposto della verità è la menzogna. L’opposto della libertà è la schiavitù. Chi è libero e chi è schiavo? È libero chi si riferisce alla verità, chi segue la verità, vive nella verità; è schiavo chi invece è posseduto dalla menzogna. Può essere che anche noi, come i giudei, non ci sentiamo schiavi di nessuno e siamo certi della nostra libertà. Ma per essere liberi, non basta un’appartenenza, essere discendenza di Abramo, figli di Abramo. Non basta per noi aver ricevuto il Sacramento del Battesimo; occorre invece essere e vivere da figli di Dio. E lo si è per la grazia e con la fede.

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La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?» (Gv 4,28-29)
Nell’incontro di Gesù con la donna samaritana possiamo leggere l’incontro di Gesù con ogni persona, che viene trasformata da Lui, convertita radicalmente, raggiunta nella profondità del cuore. Tutto inizia da quel “Dammi da bere” che Gesù rivolge alla donna samaritana, cioè dalla richiesta di qualcosa di materiale; ma è una richiesta che fa nascere il bisogno di un dono spirituale. Non fermiamoci alla donna samaritana. Gesù bussa anche alla nostra porta; Egli non si impone, ma solo si propone. Occorre perciò la nostra disponibilità ad accoglierlo, ad ascoltare la sua voce e a lasciarci condurre da lui.

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“Il Signore Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo” (Mt 4,1).
Il tempo di Quaresima è tempo di grazia, di riconciliazione, di conversione” (Mons. Mario Delpini)