Quinta domenica dopo Pentecoste
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"Il Signore Gesù disse alla folla: «Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce»" (Gv 12,35-36a).
Nonostante che la nostra fiducia in Dio non sia sempre costante, Gesù sa aspettare con infinita pazienza e ci ripete: “Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce”. La luce è Gesù, che è “venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede” in Lui “non rimanga nelle tenebre”, cioè le tenebre del peccato, le tenebre dell’ignoranza, le tenebre dell’errore. Chi non camminerebbe nella luce, sapendo che al buio può sbagliare strada, può inciampare? Camminare nella luce significa credere in Gesù, fidarsi di Lui, fidarsi del patto che ci propone, dell’alleanza tra Lui e noi. La fede non è credere in qualcosa, ma la fede è accogliere Gesù, Figlio di Dio. Ed è una fede che non nasce da segni, da miracoli, ma dalla sua Parola. Certo, di fronte a questa Parola c’è una risposta da dare: è la risposta dell’ascolto, dell’osservanza della sua parola, è la risposta della fede. Non lasciamo perciò cadere l’appello di Gesù a credere in Lui, a fidarci di Lui, ad affidarci a Lui! È questa la via della salvezza, per giungere ad avere la vita eterna.
Quarta domenica dopo Pentecoste
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“Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire»” (Mt 22,1-3).
La parabola degli invitati alle nozze è immagine dell’invito che il Signore, allora come oggi, rivolge a tutti per entrare nel suo regno, cioè per partecipare del dono della salvezza. Ma, purtroppo, a volte gli invitati rifiutano. In questa parabola di Gesù possiamo leggere la storia della salvezza; è una salvezza che trova ostacoli nel giungere a tutti: non certo però per colpa di chi salva, ma di chi è destinatario della salvezza. La salvezza non è automatica, richiede attenzione, accoglienza, collaborazione e responsabilità. Questo invito insistente di Dio è per tutti, in ogni tempo e in ogni luogo. Nessuno può presentare scuse per non sentirsi interpellato. Anche se si è “poveri, storpi, ciechi, zoppi”, non si può dire: “Dio non mi chiama”. Dio invece non può non chiamare tutti, perché Egli ama tutti. La nostra stessa vita è segno del suo amore. Eppure, di fronte ad un amore così grande, così disinteressato e gratuito, l’umanità spesso oppone il suo rifiuto. Accogliamo dunque l’invito del re per partecipare alla festa di nozze: è l’invito ad avere parte alla gioia del regno di Dio.
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