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Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco»” (Lc 3,16)
L’Epifania di Gesù non si esaurisce nella manifestazione ai Magi; continua nel suo battesimo al fiume Giordano per opera di Giovanni Battista, il più grande dei profeti. La missione di Gesù, che ha inizio al fiume Giordano con il battesimo, è una missione di salvezza e di pace; Egli è venuto a portare la salvezza e la pace, a salvare l’umanità peccatrice, lontana dalla via della salvezza. Giovanni stesso lo annuncia, parlando di un battesimo “in Spirito Santo e fuoco“ da parte di Gesù.

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Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti” (Fil 4,4)
Sono le parole di Paolo della lettera ai Filippesi. In questa stessa lettera c’è il motivo di questa gioia spirituale profonda: Gesù, “pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,6-7). Con l’Incarnazione Gesù è uomo fino in fondo. La storia umana è storia della salvezza perché conduce a Lui. Attraverso la Vergine Maria, Gesù ha assunto la nostra umanità, è entrato nella nostra storia, incarnandosi nel grembo di una donna.

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Venne ad abitare in mezzo “a noi”: la dinamica dell’incontro si fa ancora più specifica, nella sua accezione plurale. Ogni gesto della fede ci apre ad una dimensione più grande del nostro io, che si concretizza nello sguardo ai più vicini, alla nostra comunità di fede e di vita, fino a chi è affidato alla solidarietà dell’umanità intera. La figura di Giovanni Battista mette in luce il rapporto con il Messia, su cui fondiamo la nostra vita comunitaria. Questo “noi” diventa espressione sintetica di altre accezioni più complesse: “creare legami”, “mettere insieme”, “non vivere più per sé stessi”, “coltivare relazioni”, “intrecciare rapporti di bontà”. Il rischio è quello di far restare tutto questo un buon proposito, che si scontra con la nostra incapacità di fidarci, cioè di avere fede.

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Venne ad abitare “In mezzo” a noi: Gesù non trova dimora solo nella singolarità intima della mia fede, ma si consegna al respiro più ampio della comunità. Ci chiede di uscire dai nostri personalismi, per accogliere, con lui, le provocazioni dell’altro, a volte sostenibili, a volte preziose, a volte incomprensibili. La pagina evangelica dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme è invito all’incontro salvifico con Cristo che fa il suo ingresso nella storia umana.
Non è facile configurare delle situazioni che ci fanno comprendere a pieno il senso di questa collocazione. “In mezzo” può essere una porta aperta, un arco in un muro, segno di comunicazione tra due realtà vicine ma non apparentemente in collegamento. Ma ha anche un’accezione negativa, quando qualcosa o qualcuno si pone come ostacolo per segnare una distanza o generare fastidio.