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Mentre stava a tavola in casa di lui [Levi], anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mc 2,15-17).
Gesù, proprio perché si fa vicino ad ogni persona, si siede a tavola nella casa di Matteo, condividendo con lui, con i discepoli e con altri, tra i quali molti pubblicani e peccatori, un momento di amicizia. I farisei non rimangono zitti; hanno da ridire su questo fatto, domandando ai discepoli come mai il loro maestro mangia con simili persone. Perché Gesù agisce così? Perché Egli vuol far comprendere che cosa è venuto a compiere, qual è la sua missione: rivelare l’infinita misericordia di Dio, la sua clemenza, il suo amore, e far conoscere la sua predilezione per i più lontani e i più bisognosi di perdono. In concreto, per un cristiano oggi, ciò vuol dire accogliere: come Gesù dobbiamo cercare il dialogo e l’accoglienza verso tutti; dobbiamo anche evitare di giudicare le persone e di condannarle. Nasce così un rapporto personale. Alla fine Gesù ci inviterà alla “sua cena” dove ci darà se stesso, come cibo e bevanda di salvezza.

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1700 ANNI DALLA CELEBRAZIONE DEL CONCILIO DI NICEA
Durante il Giubileo cadrà una ricorrenza molto significativa per tutti i cristiani. Si compiranno, infatti, 1700 anni dalla celebrazione del primo grande Concilio ecumenico, quello di Nicea. [..] Nei primi secoli della fede i Sinodi si moltiplicarono sia nell’Oriente sia nell’Occidente cristiano, mostrando quanto fosse importante custodire l’unità del Popolo di Dio e l’annuncio fedele del Vangelo. [..] L’Anno giubilare potrà essere un’opportunità importante per dare concretezza a questa forma sinodale, che la comunità cristiana avverte oggi come espressione sempre più necessaria per meglio corrispondere all’urgenza dell’evangelizzazione: tutti i battezzati, ognuno con il proprio carisma e ministero, corresponsabili affinché molteplici segni di speranza testimonino la presenza di Dio nel mondo.

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33^ GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
«La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5)
Peguy amava definire la speranza una virtù «bambina». La speranza è anzitutto un esercizio nascosto nel cuore, semplice come una bambina e insieme desiderosa di vita. Essa permette ad ogni persona di guardare al proprio futuro con desiderio di guarigione, di positività e rinnovamento. [..] La Giornata Mondiale del Malato intende riproporre a tutti i credenti la forza della speranza nel mistero pasquale di Gesù Cristo.

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Simeone, “mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio” (Lc 2,27-28).
“Trasmettere la vita speranza per il mondo”, è il titolo del Messaggio che il Consiglio Permanente della CEI ci affida per la 47ª Giornata per la Vita. Il brano biblico che ha ispirato i vescovi è tratto dal libro della Sapienza: Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita (Sap 11, 26).
La speranza si nutre di fecondità ed è per natura sua generativa. Così siamo chiamati a operare per rimuovere tutti quegli ostacoli che impediscono un’apertura generosa alla vita, a tutte le vite.
In quest’avventura possiamo confidare nell’alleanza con un Dio che si presenta come amante della vita, che si fa carico di ogni fragilità, che accorci ogni distanza.

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L’annuale Festa della famiglia si colloca quest’anno subito all’inizio del Giubileo, guidato dal tema: “Pellegrini di speranza”. La connotazione della speranza, più che il titolo di un evento speciale, fa risuonare un’eco costante e ordinaria alle orecchie del vissuto famigliare di tanti cristiani. È proprio in famiglia che le relazioni interpersonali affrontano le tante difficoltà del quotidiano affermando implicitamente la forza che le supererà. Questa energia è sorella dell’amore e della fede, virtù che l’intelligenza credente riconosce come “teologali”, doni di Dio operanti e trasformanti le nostre umili risorse umane.